Amplificatore ibrido valvole-mosfet che coniuga abbondante potenza e notevole raffinatezza.
Soluzioni circuitali originali racchiuse in una costruzione solida lo collocano ai vertici
della categoria degli integrati hi-end.
in e yang, bianco e nero, contrasti che mutano, opposti cor-
Y
loro essenza. Valvole e transistor, potreb-
relati che trovano nell’altro la
UNISON RESEARCH UNICO 150
Amplificatore integrato ibrido
Costruttore e distributore per l’Italia:
Unison Research, A.R.I.A. Advanced
Research in Audio, Via Barone 4, 31030
Dosson di Casier (TV). Tel. 0422633 547
www.unisonresearch.com
Prezzo: euro 4.900,00
CARATTERISTICHE DICHIARATE
DAL COSTRUTTORE
Potenza di uscita: 120+120 W RMS su 8
ohm, 220+220 W RMS su 4 ohm. Rispostain frequenza: -1 dB @ 12 Hz e 45 kHz, -3 dB
@ 6 Hz e 80 kHz. Impedenza di ingresso:
24 kohm/100pF. Sensibilità: 860 mV RMS.
Stadio di ingresso e guadagno: Pura Classe A, con tubi ECC83/6H30. Stadio di usci-ta: Classe AB termostabile, a Hexfet complementari (4 coppie per canale). Ingressi:
6 linea (3 sbilanciati, 2 bilanciati, 1 bypass
sbilanciato). Uscite linea: 1 tape, 1 sub (con
controllo di volume). Connessioni di usci-
<0,3% @ 1 kHz, 10 W; <0,35% @ 1 kHz, 100
W; <0,9% da 20 a 20.000 Hz, 120 W. Impe-denza di uscita: <0,5 ohm, resistiva a tutte
le frequenze audio. Assorbimento: 550 W
(massima potenza su 8 ohm). Dimensioni:
43,5x18x44 cm. Peso: 25 kg
bero impersonare per gli audiofili questo
concetto di differenze tra loro legate, due
modi diversi di perseguire il medesimo risultato. Gli appassionati del bel suono si
dividono spesso in fazioni di sostenitori di
una tecnologia rispetto ad un’altra imputando loro effetti caratterizzanti sul suono.
Gli amplificatori a stato solido sono considerati dinamici ed energici mentre quelli
a tubi inclini ad esporre il segnale con una
naturale raffinatezza.
E se non fosse solo una questione di tipologia dei componenti ma anche di scelte
progettuali? E se esistesse un punto di incontro tra gli audiofili, sempre così amichevolmente litigiosi e distanti nelle interpretazioni?
Il modello Unico 150, ultimo nato in casa
Unison Research, potrebbe essere l’amplificatore in grado di mettere d’accordo
molti appassionati ugualmente schierati
con i tubi o con il silicio, grazie ad una
commistione sapiente dei due elementi e
ad una accurata progettazione mirata al
raggiungimento di precisi obiettivi tecnici
e sonici. Scelte razionali che hanno portato ad una struttura semplice e lineare,
senza feedback globale e con poco feedback anche locale.
Progetto e costruzione
La serie Unico contraddistingue le amplificazioni ibride di Unison Research, una linea che ha riscosso grande apprezzamento nel mondo, al pari di quella totalmente
valvolare. Il modello Unico 150 si inserisce
al vertice di questa gamma per prestazioni, dimensioni e conseguentemente anche prezzo. L’apparecchio è massiccio ma
ben proporzionato per cui appare più
snello di quello che realmente è. La qualità
delle finiture e dei materiali è elevata con
tutte le superfici esterne di alluminio anodizzato spazzolato, non vi è traccia del legno come su altre realizzazioni della casa
trevigiana. Elegante e al tempo stesso sobrio il frontale, disponibile in nero o silver,
formato da tre pannelli verticali di alluminio spesso ben 15 mm, smussati sul piano
verticale in prossimità della loro congiunzione. Due grandi manopole, sempre di
alluminio, poste simmetricamente caratterizzano l’interfaccia con l’utilizzatore;si tratta del volume e del selettore rotativo che
aziona i relay degli ingressi. Al centro trova
spazio un piccolo oblò circolare che cela il
ricevitore infrarossi scortato lateralmente
da due linee di LED bianchi che segnalano
l’ingresso ingaggiato. Entrambi i fianchi
dell’apparecchio sono realizzati con due
profilati di alluminio longitudinali sovrapposti per irrigidire la struttura. Su quello di
destra è stato ubicato l’interruttore di accensione, in basso in prossimità del frontale, posizione inconsueta ma pratica da
raggiungere.
Le connessioni posteriori sono di elevata qualità, quelle per i diffusori prevedono doppi morsetti dorati con isolante
trasparente per consentire il bi-wiring
mentre ci sono quattro ingressi RCA
(CD, Tuner, Aux1 e Bypass dedicato al
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Unison Research Unico 150
PROVE
segnale stereo proveniente da un
preamplificatore/decoder multicanale)
e due coppie di ingressi bilanciati. Sono
presenti anche delle uscite a livello linea,
una asservita al volume e dedicata ad un
eventuale subwoofer e un’altra monitor.
Non è previsto uno stadio fono né una
sezione di conversione digitale-analogico come sta andando di moda recentemente negli amplificatori integrati un
po’ a tutti i livelli.
L’aspetto esteriore è da primo della
classe, ma l’interno non è da meno. La
concezione è dual-mono e due trasformatori toroidali di dimensioni ragguardevoli, sovrapposti, incapsulati e in
controfase, trovano posto nella zona
centrale anteriore. Il circuito si sviluppa
inusitatamente su di una singola PCB a
tutto vantaggio della riduzione del percorso di segnale e della razionalità del
layout, la scheda è in vetronite blu con
strato di rame da 70 µm, il doppio dello
standard comune, e abbondantemente
stagnato ove la corrente è più elevata.
La disposizione dei componenti appare
spiccatamente simmetrica; al centro
sono collocati otto condensatori di filtro elettrolitici rossi e ai loro lati due valvole di segnale per canale (ECC83 e
6H30) molto ravvicinate tra di loro. La
componentistica scelta è di livello top, i
condensatori di interstadio sono in polipropilene e quelli di filtro sono gli ottimi italiani della Itelcond, supportati sui
finali da alcuni microfarad in polipropilene della Mundorf. Due abbondanti
dissipatori di alluminio, uniti da una
barra metallica che incrementa oltremodo la rigidità del telaio, delimitano i
lati del circuito. Su di essi sono fissati i
componenti attivi di potenza, quattro
coppie di mosfet per canale; si notano
pure dei piccoli dissipatori verticali posizionati in diverse zone del circuito. La
gestione degli ingressi è stata posta su
due schede separate, ricche di relay
blindati, collocate verticalmente a ridosso del pannello posteriore. I segnali
bilanciati sono accolti da due trasformatori sbilanciatori che fungono anche
da isolatori galvanici. Il potenziometro
del volume motorizzato è un Alps Blu a
quattro stadi, in parallelo a coppie,
azionabile dal telecomando che è in legno e metallo come le realizzazioni Unison Research classiche.
Unico 150 è un integrato dual-mono con l’intera sezione finale, inclusi alimentazione e servizi analogici, disposta su una singola piastra
madre sagomata quasi a ferro di cavallo per poter sfruttare la maggior area possibile attorno ai grandi trasformatori. Una soluzione molto
insolita e ardita perché razionalizza la distribuzione dei componenti e limita di molto la cablatura ma rende più complesso il montaggio. Il
cuore dell’amplificatore è nei due doppi triodi che realizzano i primi due stadi e garantiscono tutto il guadagno necessario, pilotando
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direttamente i finali a mosfet che sono il terzo e ultimo stadio attraversato dal segnale.
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PROVE
Unison Research Unico 150
Amplificatore integrato Unison Research Unico 150
CARATTERISTICHE RILEVATE
Uscita di potenza. Misure effettuate con la modalità di default (zero feedback)
CARATTERISTICA DI CARICO LIMITERISPOSTA IN FREQUENZA (a 2,83 V su 8 ohm)
Fattore di smorzamento su 8 ohm: 14,1 a 100 Hz;
14,2 a 1 kHz; 14,2 a 10 kHz
(in funzione dell’attenuazione di volume, da 0 a -80 dB)
Note d’uso e ascolto
l’operatività, gli stessi LED dovrebbero
segnalare eventuali anomalie da surriscalL’operatività dell’Unico 150 è stata impeccabile durante tutto il periodo intensivo
dei test; i comandi sono essenziali e danno una sensazione tattile fluida e precisa.
All’accensione due LED, L1 e L2, lampeggiano rapidamente per circa trenta secondi fino a che non viene dato il consenso al-
damento e conseguente blocco dell’ap-
parecchio lampeggiando lentamente.
L’esemplare arrivato in redazione era un
campione di pre-serie, equipaggiato con
trasformatori degli ingressi bilanciati non
definitivi che hanno mostrato qualche li-
mite tecnico e sonico. La loro sostituzione
ANDAMENTI FREQUENZA/DISTORSIONE
(potenze di uscita pari a 1, 10, 100 e 120 watt su 8 ohm)
successiva con quelli effettivamente scelti
per la commercializzazione ha risolto alcune incertezze riscontrate alle misure e soprattutto rimesso a posto le cose in sala di
ascolto.
L’Unico 150 è stato collegato un po’ a
tutti i diffusori transitati di recente in redazione, da stand o da pavimento, un
impegno gravoso... ma forse più per gli
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Unison Research Unico 150
PROVE
ANDAMENTI POTENZA/DISTORSIONE
(0 dB pari a 120 watt su 8 ohm)
e il buongiorno si vede dal mattino, e se il buongiorno sono le curve di carico limite, allora la giornata sarà lumino-
S
sa. Le CCL di Unico 150 salgono imperiosamente allo scendere
del modulo, e se non sapessimo dai dati di progetto che il minimo modulo pilotabile vale circa 1,4 ohm, da questi andamenti
non potremmo dedurlo. Si nota quindi molto bene sia il notevole dimensionamento dei trasformatori sia l’impostazione
dual-mono dell’alimentazione, e la pendenza con cui la potenza sale si riduce di poco passando da regime impulsivo a regime stazionario; su 2 ohm la massima erogazione osservata vale
378+385 watt continui e 500+510 in impulsivo, ce n’è abbastanza per qualsiasi diffusore. I test di tritim impulsiva terminano tutti ampiamente a livelli molto superiori alla potenza nominale, ma non appaiono puliti come ormai è quasi la norma osservare. Bisogna però ricordare che qui l’anello di controreazione non c’è e che il front-end è tutto valvolare. A memoria non ricordo una amplificazione analoga a questa in cui la tritim reattiva fosse non dico non disastrosa, ma perfino eseguibile, mentre
in questo caso il test è stato svolto ammettendo una distorsione
massima non superiore allo 0,9 per cento. La risposta in frequenza è molto estesa, ancor più del dichiarato, e con il potenziometro a -6 dB (quando mostra la massima resistenza di uscita) scende pur rimanendo molto più ampia della banda dei suoni udibili. I meno tre decibel vengono raggiunti come minimo a
110 kHz. Sul versante basse si nota un piccolo calo a 20 Hz di circa 0,3 dB, acusticamente impercettibile. Le curve distorsione/
potenza e distorsione/frequenza sono molto belle; se si considera che i finali sono fuori dalla controreazione e che la reazione
interstadio è molto bassa, i valori osservati sono piccoli e molto
costanti. Addirittura alle potenze basse la distorsione tende a
scendere alle frequenze alte, al contrario di quello che avviene
di solito. Bene anche il fattore di smorzamento che è basso ma
tutto resistivo ed equivale a una resistenza da circa mezzo ohm.
Passando alla sezione preamplificatore (anche se è un modo
improprio di parlarne, dato che nella pratica consiste semplice-
INGRESSO CD (sbilanciato)
Impedenza: 21 kohm/310 pF. Sensibilità: 790 mV per 120 W su
8 ohm. Tensione di rumore pesata “A” riportata all’ingresso:
terminato su 600 ohm, 3,7 µV (sinistro), 11,3 µV (destro). Rappor-to segnale/rumore pesato “A”: terminato su 600 ohm, 106,5 dB
(sinistro), 96,8 dB (destro)
INGRESSO Bypass (sbilanciato)
Impedenza: 190 kohm/120 pF. Sensibilità: 781 mV per 120 W su
8 ohm. Tensione di rumore pesata “A” riportata all’ingresso:
terminato su 600 ohm, 2,1 µV. Rapporto segnale/rumore pesa-
to “A”: terminato su 600 ohm, 111,4 dB
IMPEDENZA DI USCITA
Sub: 220 ohm. Monitor: 220 ohm
mente nel potenziometro di volume, si nota come la sensibilità
sia minore del solito: per la massima potenza nominale occorrono 0,79 volt e per farlo saturare si arriva a 0,9 volt ma, come
spiegato nell’articolo, la modalità di base è quella a guadagno
moderato, che è ampiamente sufficiente per quasi tutte le sorgenti e permette di sfruttare al meglio il range di regolazione
del volume. Se si desidera maggiore guadagno basta far impostare l’apparecchio in una delle modalità "hi-gain" per cui è
predisposto con i selettori interni. Il rumore fornisce dati interessanti. Quello caratteristico del circuito corrisponde all’ingresso bypass in cui il segnale entra nell’apparecchio e viene inviato subito all’amplificatore senza passare per il volume. La misura fornisce 90 microvolt pesati “A” sul canale sinistro e 77 microvolt sul destro, valori molto bassi se si considera l’amplificazione di tensione tutta valvolare e che corrispondono a un rapporto segnale/rumore di 111 decibel. Sull’ingresso CD questi
valori scendono a 106,5 e 96,8, ancora molto buoni (il sinistro è
comunque ottimo) ma superiori. La ragione è nella scelta di
usare solo tre stadi, eliminando quindi il buffer d’ingresso che
avrebbe permesso di “far viaggiare” a bassa impedenza il segnale all’interno dell’apparecchio fino al potenziometro del volume. Senza quello è inevitabile captare qualcosa, che però rimane a livelli bassissimi (meno di mezzo millivolt nel canale
peggiore) e inudibili anche mettendosi a qualche centimetro
dagli altoparlanti. Buono anche il bilanciamento, la scelta di
usare due sezioni in parallelo di un componente già ottimo in sé
sembra pagare. Non sono riportati i dati degli ingressi bilanciati perché l’esemplare provato era ancora quasi un prototipo e
non montava i trasformatori di accoppiamento definitivi. La casa ci ha inviato successivamente una scheda dotata di quelli definitivi, realizzati dalla italiana Sirio, che hanno mostrato ottime
prestazioni sia per risposta che per linearità, ma purtroppo non
potevano essere inseriti nel telaio del nostro esemplare per via
della diversa collocazione dei fori sul pannello posteriore.
W. Gentilucci
In questi oscillogrammi affiancati sono riportati i residui di distorsione (in blu, amplificati di 24 dB rispetto al segnale che appare in rosso)
per frequenze da 20 a 20.000 Hz, per una potenza di uscita di 10 watt. L’ampiezza e la forma del residuo, e quindi la sua struttura
armonica, quasi non cambiano all’interno di tutto il range delle frequenze udibili e in un intervallo molto ampio di livelli. L’ondulazione
AUDIOREVIEW n. 369 novembre 201575
"lenta" e costante con la frequenza è quasi una firma delle valvole, molto difficile da ottenere con altre tecnologie.
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PROVE
Unison Research Unico 150
altoparlanti che hanno dovuto sopportare l’esuberanza del sottoscritto che
quando trova un “motore” prestante
predilige le andature sportive.
I risultati sono stati molto lusinghieri a partire dall’impostazione timbrica, piacevolmente equilibrata con una luminosità dai
toni lievemente caldi. Facendo un paragone visivo, simile alla luce di fine settembre che anche a mezzogiorno non esaspera i contrasti come fa quella estiva. Nei
confronti di tutte le frequenze dello spet-
tro sonoro l’Unico 150 è stato prodigo
delle attenzioni necessarie a renderle cre-
dibili e coese, lasciando in pratica al diffu-
sore di turno la responsabilità di una
eventuale caratterizzazione. Il basso è sta-
to erogato con energia, ampio controllo,
e gestito con buona articolazione; il brano
“Confusione” di Lucio Battisti ha rappre-
sentato un severo test per i woofer che si
sono alternati evidenziando le ottime ca-
Analisi tecnica
ual Mono, Zero Feedback, 3-Stage, Valve Mosfet
“D
dichiara molte delle caratteristiche tecniche dell’Unico
150 ma non dice tutto sulle raffinatezze circuitali impiegate. Questo amplificatore è ricco di soluzioni originali interessanti, molte finalizzate al raggiungimento degli obiettivi dichiarati e altre mirate ad ottimizzare intelligentemente il funzionamento dei componenti impiegati.
Il circuito segue un’architettura dual-mono e per precisa
scelta progettuale non viene applicata nessuna controreazione ad anello ma solo una esigua quantità di feedback parziale tra le due valvole, circa 15 dB. L’aspetto più
caratterizzante è però che il segnale attraversa solo tre
stadi di amplificazione, con tutta l’amplificazione ottenuta
mediante i due stadi a valvole ed uno stadio di uscita a
mosfet pilotato direttamente dal secondo a valvole, una
soluzione mai tentata prima e che permette anche di non
montare lo stadio di compensazione termica. Il primo
step di guadagno è ottenuto con una ECC83 in cui le due
semisezioni sono configurate in totem pole mentre il successivo passaggio mantiene la stessa configurazione ma
impiegando un differente doppio triodo in grado di gestire correnti più elevate. Si tratta della 6H30, cavallo di
razza di produzione russa, che ben si presta a pilotare carichi complicati quali sono vari mosfet in parallelo, specie
ad alta frequenza. L’architettura SRPP ha una bassa distorsione intrinseca e garantisce il guadagno adeguato a
impiegare una contenuta controreazione; inoltre offre il
vantaggio di una bassa impedenza di uscita, in questo caso poche decine di ohm, un valore veramente limitato
per delle valvole. Gli accoppiamenti interstadio sono tutti
in AC con condensatori in polipropilene a perdite irrilevanti. Lo stadio di uscita comprende quattro coppie di
Hexfet complementari IRFP240S e IRFP9240S in grado di
gestire globalmente potenze stazionarie di 1.200 watt e
correnti fino a ±50 A. Questi dispositivi attivi sono protetti con un circuito calibrato in modo da attenersi all’andamento delle loro curve di SOA (Safe Operating Area) entro il 70% dei valori massimi tollerabili, sia in regime statico che in regime dinamico. Il circuito di sicurezza interviene solo quando c’è reale pericolo, limitando il dispositivo
e parallelamente proteggendo il diffusore staccando l’uscita. Basta una attivazione anche su un singolo ciclo di
segnale per far intervenire i disgiuntori e questo vuol dire
che se durante l’ascolto non si verificano tali interruzioni
la protezione non modifica nemmeno tangenzialmente il
segnale audio.
Anche l’alimentazione presenta varie finezze. Il filtraggio
della sezione di potenza principale è affidato a quattro
condensatori Itelcond da 10.000 µF/80 V per canale e sono state previste delle capacità più piccole, 1,5 µF in polipropilene della Mundorf, poste a ridosso dei dispositivi di
Integrated Amplifier”: la notazione sul frontale
ratteristiche di alcuni sistemi di altoparlanti o decretando i limiti strutturali di altri
che non ce l’hanno proprio fatta. Il registro medio si è sempre distinto per raffinatezza e fluidità. Cura nel definire naturalmente le voci o gli strumenti acustici senza fare apparire l’intromissione di veli a
frapporsi tra il segnale e l’ascoltatore a
sottolineare una trasparenza di ottimo livello. In zona tweeter non mi è capitato di
percepire comportamenti sopra le ri-
potenza. Questa soluzione garantisce ai mosfet una riserva di energia pressoché istantanea e abbatte l’effetto
dell’induttanza parassita delle piste di collegamento verso l’ultimo condensatore elettrolitico del filtro. Ognuna
delle valvole è alimentata da un originale circuito elevatore di tensione definito “moltiplicatore asimmetrico” che
garantisce l’alto potenziale necessario alla configurazione
SRPP. Grazie a questa soluzione sono stati ottenuti due
valori di tensione differenti per soddisfare in modo accurato le richieste dei due tipi di tubi impiegati, partendo
dallo stesso secondario del trasformatore a più bassa tensione. In cascata a ciascuno dei due rami del moltiplicatore di tensione si trova un mosfet che funge da filtro attivo, simile ad uno regolatore ma senza riferimento dei
diodi zener. In questo modo si realizza un’alimentazione
pulita anche nei casi in cui una tensione della rete domestica troppo bassa impedirebbe il corretto funzionamento
di uno stabilizzatore.
Il regolatore del volume è un potenziometro Alps Blu
blindato a quattro sezioni, utilizzate in parallelo a coppie
per ridurre il rumore di scorrimento, già esiguo, e migliorare ulteriormente il bilanciamento tra i canali, specie alle
alte attenuazioni.
La volontà di mantenere il segnale originale il più possibile invariato ha portato ad utilizzare sugli ingressi bilanciati
dei trasformatori di sbilanciamento per non impiegare un
circuito attivo a transistor. In questo modo si ha anche il
vantaggio di un isolamento galvanico con la sorgente che
evita ground loop. A proposito di questo aspetto va anche sottolineato che le masse di segnale delle varie sorgenti collegate all’integrato sono connesse alla massa
dello stesso solo quando quella sorgente è selezionata,
così da evitare anelli di massa creati dalle stesse connessioni. La doppia interruzione (sul polo caldo e sulla massa)
complica il layout ed aumenta i costi, ed infatti pochi costruttori hanno utilizzato questa soluzione che venne proposta dal progettista di Unico 150 su AUDIO
nel lontano 1994.
Uno studio particolare è stato svolto per ottenere un alto
rapporto segnale/rumore evitando l’insorgenza di disturbi lungo i percorsi di massa che sono stati “sbrogliati”
(come si dice nel gergo di chi disegna le PCB) secondo la
tecnica superstellare. Ogni sezione del circuito ha un proprio percorso di ritorno della corrente senza che si creino
delle sovrapposizioni tra i vari flussi. Non sono stati previsti piani equipotenziali di rame che avrebbero potuto
provocare l’insorgenza di capacità parassite verso massa
fra diversi componenti. Tutte le piste di massa convergono verso lo zero di riferimento nel punto più silenzioso
del circuito, cioè il negativo dei condensatori elettrolitici
di filtro più a valle.
REVIEW 139
A. Allegri
76AUDIOREVIEW n. 369 novembre 2015
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Unison Research Unico 150
L’integrato Unison
Research può essere
collegato a sei sorgenti di
linea, quattro sbilanciate e
due bilanciate. Uno degli
ingressi sbilanciati è un
"bypass" utile per
l’integrazione in impianti
audio-video o audio
multicanale e quindi salta il
volume e accede
direttamente agli stadi di
potenza. Gli ingressi
bilanciati sono ottenuti
mediante trasformatori di
linea 1:1 di alta qualità che
consentono anche
l’isolamento galvanico dalla
sorgente. I morsetti di
uscita sono due coppie in
parallelo, anche questi di
notevole fattura.
PROVE
ghe:decadimento lungo delle armoniche
superiori, piatti della batteria lucidi, triangolo ricco e sempre un’ottima e precisa rifinitura del programma. Senza sconfinare
nel roll-off tipico di alcune realizzazioni
“full tubes” ho riscontrato una certa benevolenza in “Selling England By The
Pound” dei Genesis in versione SACD,
edizione in alcuni tratti un po’ troppo brillante tanto per confermare che “il formato fa il suono” solo se ben sfruttato in fase
di produzione.
Le caratteristiche dinamiche non hanno
mai fatto riscontrare esigenze di maggiore velocità o potenza. L’Unico 150 è stato
sempre pronto a scattare con agilità ma
senza cenni di nervosismo che non di rado
caratterizzano alcuni apparecchi a stato
solido dotati di carattere irascibile. La suite dell’“Uccello di Fuoco” di Stravinsky diretta da Eiji Oue, Minnesota Orchestra, è
un programma musicale che lancia bor-
date perentorie, una specie di sequenza
di partenze e frenate mozzafiato in cui l’energia viene liberata rapidamente in gran
quantità per contrarsi repentinamente.
L’Unico 150 ne ha controllato e assecondato il segnale con maestria esaltando le
doti di alcuni diffusori come i Proac Studio
148. Il palcoscenico virtuale è stato ricreato con precisione e stabilità. I limiti hanno
raggiunto le pareti laterali della ampia sala d’ascolto, la profondità è stata apprezzabile e anche in altezza la “copertura”
della scena è stata corretta.
Alcune sessioni di ascolto sono state dedicate a verificare l’effetto che le diverse modalità di feedback apportano al suono riprodotto. L’Unico 150, sebbene sia stato
concepito con il preciso intento di limitare
l’influenza della retroazione, ha un’altra caratteristica che lo rende effettivamente
fuori dal comune. Infatti è possibile configurare il circuito in tre modi differenti (zero
feedback dall’uscita, 15 dB di feedback solo dall’uscita, 15 dB di feedback di cui
metà dall’uscita e metà dall’uscita valvolare) con modalità alto e basso guadagno,
che in pratica fa sei possibili configurazioni. Non sto parlando di diversi livelli, opzione presente su alcuni apparecchi di alta
gamma, ma proprio di tre concetti circuitali differenti. La selezione non è operabile
dall’esterno e quindi deve essere effettuata da tecnici o rivenditori autorizzati, pena
la decadenza della garanzia oltre che comportare rischi fisici viste le tensioni in gioco
all’interno dell’apparecchio. All’ascolto la
variazione di tali parametri non ha stravolto il carattere dell’amplificatore piuttosto
ne ha mutato l’umore; da considerare come un fine-tuning estremo per alcuni appassionati. La modalità standard descritta
sopra, zero feedback dall’uscita con 15 dB
di feedback interstadio tra le valvole, l’ho
giudicata mediamente la più musicale,
Unico 150 può essere configurato (dalla casa madre o da tecnici da
essa abilitati) in varie modalità alternative a quella di default, che
consentono di variare il guadagno globale e di applicare piccole
quantità di feedback anche dall’uscita, con importanti variazioni
sulle prestazioni elettriche e modifiche alla personalità sonora del
componente. Alcune sono descritte in questo articolo.
AUDIOREVIEW n. 369 novembre 201577
La sezione pre è interamente passiva ed è collocata a ridosso del
pannello posteriore, con le schede che inglobano anche le prese di
input/output. I piccoli relè sigillati che attuano le commutazioni
sono doppi perché interrompono anche la massa delle sorgenti non
selezionate, così da tagliare gli anelli di massa che altrimenti
potrebbero chiudersi, ad esempio attraverso la terra di rete.
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PROVE
Unison Research Unico 150
mentre l’opzione che trasforma l’Unico
150 in un “comune” amplificatore con
anello di controreazione (comunque limitato appunto a 15 decibel) ha fornito contorni maggiormente definiti e ha accentuato qualche contrasto. Su alcuni passaggi musicali impegnativi ha dato un pizzico
di controllo maggiore. Considero una via
di mezzo, sia sonicamente che elettronicamente, il circuito che applica contemporaneamente la controreazione parziale e la
controreazione globale. Interessante anche l’uso della retroazione solo nella sezione valvolare ma con l’opzione ad alto guadagno, che riduce anche il feedback interstadio a meno di sei decibel, probabilmente un vero unicum nel genere. All’ascolto è probabilmente più affine ai gusti
dei valvolaristi più esigenti. La sensibilità
d’ingresso dell’apparecchio è stata studia-
ta per sfruttare il potenziometro del volu-
me in zona più lineare possibile cioè quella
intorno a ore 12. Con l’impostazione ad al-
to guadagno la rotazione torna a staziona-
re nel primo quadrante come negli appa-
recchi più comuni.
Conclusioni
Il nuovo nato di casa Unison Research è un
amplificatore che può entusiasmare una
vasta schiera di appassionati, con piena
soddisfazione dei sostenitori delle valvole
e di quelli dello stato solido, coniugando
in modo armonioso un suono ricco ed
L’ascolto
a presenza di una macchina da musica sulle pagine
di AUDIO
L
dividuare la qualità di un prodotto in termini assoluti o
comunque all’interno della fascia merceologica di appartenenza. Come ben sanno i lettori più affezionati, il parametro determinante è l’attendibilità della costruzione e
delle prestazioni. Non tralasciamo la presenza di una rete
commerciale affidabile che garantisca continuità della
produzione, distribuzione omogenea e assistenza postvendita. Le elettroniche Unison Research rispettano tutte
queste esigenze. Li vediamo in giro per il mondo in felice
abbinamento ai diffusori Opera, ma è evidente che un
buon amplificatore debba suonare bene a prescindere.
Nel caso del nuovo Unico 150 l’intesa è stata positiva con
diversi sistemi di altoparlanti. C’era una coppia di Opera
(sistemi da supporto di cui vi racconterò nei prossimi mesi), ma c’erano anche dei ben collaudati Rosso Fiorentino,
dei ProAc di sana tradizione inglese (in prova su questo
stesso numero) e non da ultimo dei Dali da pavimento di
cui sentirete presto parlare. Tutto questo per dire che la
validità di un componente andrebbe testata in modo per
quanto possibile ampio, per evitare giudizi dipendenti da
una specifica situazione. La potenza dell’Unico, esuberante per un ampli integrato, è adeguata alla maggior parte
delle esigenze domestiche e gestisce con piglio autorevole ogni sistema di altoparlanti. Del resto i test condotti
in redazione indicano a chiare lettere l’eccellenza delle
prestazioni.
Il suono del 150 Unico è ampio, luminoso ed avvolgente,
per nulla caratterizzato se non per una interpretazione di
morbida espressività nell’intorno del registro medio-alto.
Potenza decisa ed immediata, lo abbiamo detto, ma l’erogazione, per quanto pronta, non è mai fredda e lascia
cogliere il respiro della frase nella naturalezza dell’attacco
strumentale e nella fluidità del decadimento. Notevole
l’articolazione imposta alla gamma bassa dei diffusori, derivante immagino da una generosità di emissione ai bassi
carichi. Anche i sistemi di altoparlanti di non grandi dimensioni vengono gratificati da un’emissione corposa e
pregna di sostanza musicale.
In un lungo pomeriggio passato in redazione abbiamo
voluto giocare con alcune storiche registrazioni jazz della
Telarc in SACD ascoltate a volume disinvolto (il lettore
Oppo BDP-105 è stato un valido complice con questi for-
REVIEW è frutto di una selezione volta ad in-
eufonico e al tempo stesso dinamico e
potente. Si tratta di un’elettronica coerente con il nome che porta e nel senso più
tecnico inteso dal suo progettista. Impiega infatti soluzioni che rendono questo
amplificatore davvero unico nel panorama attuale, frutto di una conoscenza
dell’argomento amplificazione non comune, da cui scaturiscono prestazioni
perfettamente coerenti con gli obiettivi
dichiarati.
Qualitativamente può battersela con soluzioni multitelaio anche molto impegnative dal punto di vista economico. Un
amplificatore italiano di alto livello realizzato con cognizione e passione, in grado
di offrire una costruzione di alta qualità
ad un prezzo ancora raggiungibile.
Andrea Allegri
mati). La pressione sonora è elevata in assoluto, capace
di fornire emozioni non sempre riscontrabili nell’alta fedeltà domestica. Riascolto con piacere Monty Alexander,
in un revival di Reggae giamaicano di Bob Marley. Bassi e
percussioni ben dispiegati, il tutto inserito in una scatola
sonora densa ma ancora sufficientemente articolata. Bassi
di bell’impatto, ma anche un garbo sonoro che ricorda sistemi di alto prestigio. Pulizia e trasparenza esemplari anche in questo misto acustico-elettrico. Timbricamente la
catena con l’Unico 150 appare sostanzialmente neutra,
soprattutto nella importante gamma centrale. Assoluta
mancanza di asprezza in gamma acuta anche nel repertorio classico con i temibili “strumenti originali”; direi piuttosto che lo spettro sonoro ampio e generoso affronta le
masse orchestrali con una naturale morbidezza in gamma
alta e la necessaria solidità nel registro medio-basso.
Tutto procede per il meglio anche con partiture impegnative per grande orchestra; ampie le variazioni dinamiche, dal più indistinto e delicato pianissimo sino alle
esplosioni sonore sorrette da una batteria di percussioni
di tutto rispetto. Archi di naturale respiro, omogenei e
presenti nei componenti più gravi. La presenza dei solidi
toni fondamentali degli strumenti acustici fornisce una totale percezione del supporto armonico ed una piacevole
rotondità alla massa orchestrale. Sensazioni che non vengono meno al progressivo alzarsi del volume. In gamma
acuta i violini sono rifiniti senza essere vetrosi e si pongono su piani abbastanza ravvicinati. Le frasi più sommesse
e gli interventi dei singoli strumenti sono estrapolati con
chiarezza ed un senso di fisica palpabilità, a dimostrare
una fine introspezione ai bassi livelli di segnale. La generosa potenza porta, se lo vogliamo, gli strumenti al centro
della sala con buona consistenza armonica e presenza.
Solida la prima ottava del fagotto, del clarinetto, del violoncello, ad indicare un’emissione pronta anche nel fondamentale registro medio-basso. Con le partiture sinfoniche l’immagine si affolla a volume sostenuto, ma la sensazione è quella di una “controllata pulizia” che non tende
ad addolcire la ricetta.
Un integrato capace di gestire con solida sostanza musicale i più diversi sistemi di altoparlanti non si improvvisa.
Ancora una volta Unison Research ha centrato un prodotto dal costo umano e di grande soddisfazione sonora.
M. Cicogna
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Unison Research Unico 150
Un’esperienza Unica
Intervista con il progettista dell’Unico 150. Un nome che non dovrebbe esservi nuovo.
PROVE
gni tanto capita di non dover
alzare il telefono o percorrere
O
di persona con il progettista di un apparecchio in prova. In occasione del test
dell’amplificatore Unison Research Unico
150 addirittura abbiamo giocato in casa visto che l’autore del suo progetto è il nostro Fabrizio Montanucci.
Non posso vantare la conoscenza pluriennale di Fabrizio come altri veterani della
redazione e frequentandolo poco alla volta mi rendo conto della sua enorme esperienza maturata in oltre trentacinque anni
di ricerca personale, analisi e misure su migliaia di apparecchi commerciali. I nostri
incontri non sono comunque incentrati solo su questioni elettroacustiche bensì parliamo soprattutto di musica, di astronomia
- altra sua grande passione - e tanti altri argomenti ad ampio raggio come è emerso
dalla seguente “formale” intervista.
AA: Vogliamo cominciare dalle origini?
Come è nata la tua passione per l’elettronica e il mondo dell’Audio?
FM: Da bambino o poco più. A dodici anni
tentai di ottenere il vuoto all’interno di un
tubo di vetro con l’intento di costruire una
valvola. Chiaramente con le conoscenze
dell’epoca non arrivai a nulla. A quattordici
ho iniziato ad appassionarmi all’alta fedeltà tentando di realizzare un amplificatore presentato sulla rivista Radio Elettronica, che prometteva 25 watt con una coppia di 2N3055 come finali. Uno o due anni
dopo ho ascoltato la “prima voce” del mio
primo progetto originale.
AA: Quindi avevi qualcosa di meglio da
fare che giocare ai videogiochi?
FM (Ridendo): No, sai benissimo che all’epoca non c’erano, per fortuna, avrei perso
un sacco di tempo. Nell’ultimo anno di liceo realizzai un amplificatore da 160 watt
per canale dotato di alimentazione interamente stabilizzata, piuttosto performante
per l’epoca. Investii tutte le “paghette” di
interi anni, circa 400.000 lire, per acquistare un mucchio di componenti finiti poi in
larga misura bruciati o scartati durante lo
sviluppo.
AA: Poi come è proseguita la tua carriera?
FM: A diciannove anni iniziai a collaborare
con il Gruppo Editoriale Suono, era il 1978,
un periodo di grande fervore dell’editoria
audio durante il quale esistevano varie testate. Portai in redazione l’amplificatore di
cui ti ho appena parlato e suscitò subito
l’interesse dell’allora direttore tecnico
Paolo Nuti, perché confermava una possibilità teorica di cui mancava la conferma
sperimentale, la sussistenza di righe di intermodulazione nel test di TIM in assenza
di distorsione di ordine pari. Purtroppo
l’apparecchio non sopravvisse ai severi te-
troppa strada per poter parlare
st di Paolo Nuti e prese letteralmente fuoco! Avevo commesso un errore da pivello,
usando cavi di alimentazione con piattina
da un millimetro in un finale che erogava
250+250 watt continui su 4 ohm… In
quell’occasione conobbi Mauro Neri, che
lavorava a Stereoplay già da qualche anno, e nacque una bella e duratura amicizia.
Con il passare degli anni sono diventato
responsabile tecnico prima di Stereoplay
e poi di SUONO Stereo Hi-Fi per approdare infine ad AUDIO
ve ho ricoperto il ruolo di direttore tecnico
per circa dieci anni.
AA: Qual è stato il tuo progetto più impegnativo in quegli anni?
FM: Intorno alla metà degli anni Ottanta,
insieme all’ing. Jerislav Matjiasevic, un
grande amico che non è più tra noi, sviluppammo Fourier 64, il primo analizzatore di
spettro digitale basato su un microcomputer, il Commodore 64. Concettualmente
un po’ il progenitore delle schede di misura che oggi ben conosciamo, perché trasformava il C64 in una macchina duale: da
una parte il controller, ove scrivere le procedure con un linguaggio ad alto livello
appositamente sviluppato, dall’altra l’analizzatore, che poteva operare in modalità
stand alone oppure asservito alla sezione
controller.
Jerislav si occupò della parte hardware, io
del software assembler, complesso ma indispensabile per tirar fuori prestazioni sufficienti in un’era in cui un clock da un megahertz ed un processore da 8 bit rappresentavano notevoli risorse hardware. Per
oltre un anno ho vissuto in una sorta di
Ogni canale monta quattro coppie di mosfet complementari, che essendo l’unico stadio a
stato solido non necessitano nemmeno del classico circuito di compensazione termica.
Quattro più quattro condensatori in polipropilene della Mundorf, velocissimi, forniscono un
piccolo ma istantaneo serbatoio locale di energia ed eliminano l’effetto induttivo delle
REVIEW nel 1994, do-
connessioni verso i condensatori di filtraggio principale.
trance informatica, pensando in linguaggio macchina e parlando in linguaggio
macchina, credo di aver pure sognato in
linguaggio macchina. L’esito furono 20
chilobyte di assembler molto efficiente ed
ottimizzato, una fast fourier su 512 punti
veniva calcolata in meno di un secondo.
Veramente il singolo lavoro più faticoso
della mia vita, almeno dieci volte più impegnativo dello sforzo che ho dovuto produrre per sviluppare WinCross prima e
AUDIO per Windows poi. Del resto amo la
programmazione, soprattutto quella finalizzata all’automazione dei processi. Il
software che presiede alle misure del laboratorio di AUDIO
nio a questa parte, è opera mia.
Tra le cose che ricordo più volentieri c’è
anche il “The Musical Box” del 1992 (un
nome non casualmente ispirato ai Genesis di Gabriel, grande passione del nostro, N.d.R.), un amplificatore configura-
bile, studiato per la multiamplificazione
ma previsto anche per scopi diversi. Era
dotato di dieci slot a pettine per inserire
delle schede con differenti funzioni, come il front end degli amplificatori di potenza o i crossover elettronici, le protezioni, etc. Tra le varie modalità operative
possibili la più intrigante era quella in
classe A a zero feedback, che detiene forse ancora qualche record in quanto a linearità intrinseca. Nell’ambito delle misure credo invece di aver raggiunto il risultato più interessante con la Total Noise Distortion (TND), nel 2006.
AA: Arriviamo ai giorni nostri, all’esperienza in Unison Research e all’Unico
REVIEW, da un venten-
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PROVE
Unison Research Unico 150
Tutto il guadagno di Unico 150 è ottenuto
con triodi. La ECC83 è un classico per gli
stadi di ingresso, mentre la 6H30 si
incontra più raramente pur essendo un
componente di caratteristiche
notevolissime, tra i pochi in grado di
pilotare direttamente la capacità
d’ingresso di una bancata di mosfet di
potenza.
150. Come è avvenuto questo passaggio?
FM: Ho sempre avuto il desiderio di dedicarmi totalmente alla progettazione e in
un momento di forte incertezza aziendale
con la precedente gestione di AUDIO
VIEW ho deciso di accettare una proposta
RE-
fattami dalla Unison Research per un contratto di un anno, ben sapendo che la famiglia non avrebbe ben tollerato un periodo molto più lungo. Conoscevo bene e
apprezzavo l’azienda, nel cui staff figuravano due tecnici verso i quali nutro una stima
incondizionata, Giovanni Sacchetti e Leopoldo Rossetto.
Giovanni Sacchetti di Unison fu il fondatore, negli anni ’70, ed è probabilmente il
progettista di single ended valvolari più
prolifico e con la maggiore esperienza al
mondo; pur non producendo solo quelli,
la gamma dei single ended Unison non ha
praticamente eguali a nessuna latitudine.
Dicono che chi non è più in età verde abbia problemi con le tecnologie informatiche: beh, c’è Gianni a smentirlo, la sua padronanza dei software CAD è davvero notevole ed è grazie a lui che in breve tempo
ho imparato ad usare Autocad con buona
efficienza. Del professor Rossetto ho già
parlato più volte nei miei articoli nell’arco
di tanti anni, è un Tecnico con l’elettronica
nel sangue, capace di individuare a colpo
d’occhio un errore in uno schema elettrico
anche molto complesso. È stato un onore
lavorare insieme a lui. All’interno di Unico
150 ho utilizzato il dimezzatore da lui ideato, un circuito geniale per ridurre analogicamente la tensione ed aumentare la corrente basato su un solo mosfet operante a
frequenza di rete.
Lavorando in trasferta mi sono dedicato in
primis alla progettazione e allo sviluppo di
un amplificatore per cuffia a valvole, l’SH
provato lo scorso anno sul numero 349 di
AUDIO
REVIEW, e di due amplificatori inte-
grati ibridi, uno basato su di un circuito con
due soli stadi di amplificazione e un altro,
l’Unico 150, con tre stadi. Di un quarto
grande amplificatore, questo però quasi
tutto a stato solido, ho fatto in tempo a svi-
luppare solo la parte elettrica.
AA: Il progetto dell’Unico 150 sembra
essere un compendio delle tue convin-
zioni tecniche. Quali sono le linee guida
che hai seguito e quali sono i parametri
che ritieni più importanti nella progetta-
zione di un amplificatore?
FM: Ho inteso dare forma concreta a quel-
lo che so ed a quello che ho sperimentato.
Nell’arco dei decenni ho esaminato inge-
gneristicamente e percettivamente tutto il
meglio della produzione mondiale di
componenti per l’audio di qualità, ho po-
tuto fare paralleli tra quello che vedevo a
livello elettrico, quello che sentivo in sala
d’ascolto e le reazioni che questi apparec-
chi suscitavano negli audiofili, in particola-
re nelle “orecchie d’oro” degli ascoltoni
più famosi. Ciò mi ha permesso di matura-
re idee precise sul come questi apparecchi
dovrebbero essere progettati.
Nel caso degli amplificatori, ad esempio,
un punto di vista poco o punto frequenta-
to è quello che dà valore ad una connota-
zione che negli esseri umani può avere va-
lenza positiva o negativa, a seconda delle
inclinazioni: la coerenza. Conosciamo tutti
l’aforisma di Oscar Wilde che lega questa
virtù alla categoria degli “imbecilli”, ma -
per obiettabile che sia in assoluto - nel ca-
so degli amplificatori fallisce di sicuro. La
coerenza comportamentale è uno dei pri-
mi elementi che cerco di inviduare nelle
prestazioni di un amplificatore. La distor-
sione in un apparecchio deve in primo luo-
go avere una struttura “benevola”, ma poi
deve essere coerente in funzione dell’am-
piezza e del livello. Il “carattere” di un am-
plificatore non deve cambiare solo perché
passo da un volume basso ad uno elevato,
né perché sta suonando un basso tuba an-
ziché un ottavino. La struttura del residuo
armonico deve essere semplice, non ne-
cessariamente contenere solo seconda ar-
monica, però deve mostrare variazioni len-
te e graduali, il che equivale comunque a
parlare di armoniche di basso ordine. Ma
oltre a questo deve mutare il meno possi-
bile rispetto all’altezza dei segnali ed alla
loro intensità. Molti amplificatori che si
comportano bene al banco di misura e in
sala di ascolto soddisfano questi criteri.
Riguardo al feedback, la norma nell’alta
fedeltà è un suo impiego a dir poco largo.
Ma se si riesce a ridurlo o addirittura elimi-
narlo il risultato è molto più soddisfacente,
a patto di fare le cose cum grano salis. Per-
sonalmente non ho nulla contro la contro-
retroazione in sé, anche se un amplificato-
re ben fatto non dovrebbe averne biso-
gno. Se la si usa occorre però accettare
che sia il carico a determinare buona parte
di quel che “torna indietro” e che in definitiva pilota lo stesso amplificatore. La controreazione modifica poi in senso sempre
e comunque peggiorativo la struttura armonica dei residui: tutti i residui nascono
“buoni”, ovvero con basso contenuto di
armoniche elevate, ma la controreazione è
sempre più efficace sui residui di basso ordine e ne crea letteralmente di nuovi ad
ordini elevati. Non parliamo poi dei problemi di instabilità che si possono instaurare in un amplificatore con feedback ad
anello che include i finali. Basti ricordare
che negli anni Settanta si facevano amplificatori “estremi” con tassi di controreazione enormi, specie quelli giapponesi. Lo
scopo era raggiungere valori percentuali
di distorsione di vari zeri oltre la virgola.
Questi apparecchi rischiavano di autooscillare con particolari carichi, soprattutto
capacitivi come possono essere i diffusori
elettrostatici; mi capitò addirittura di vederne uno incendiarsi in sala d’ascolto,
non appena i relè di uscita lo misero in
“comunicazione” con una coppia di Stax.
Attualmente le cose sono cambiate e le
aziende che utilizzano elevati livelli di
feedback lo fanno di norma con cognizione, per cui ci sono rischi molto minori di
eventi pirotecnici.
AA: Potresti spiegare dove le tue teorie
sono state messe in pratica nell’Unico
150?
FM: Gli amanti del bel suono prediligono
gli amplificatori strutturalmente semplici
ed in generale amano le valvole. Ci sono
ottime ragioni tecniche e psicoacustiche
che spiegano ambo queste preferenze.
Limitando il numero degli stadi attivi incontrati dal segnale si mantiene massimamente semplice la struttura dei residui
non lineari. Tutti i circuiti di base - più o
meno, parlo di disegni ben fatti - presentano una distorsione semplice, ma se se
ne mettono tanti in cascata il residuo diventa complicato. Se si aggiunge anche
una elevata controreazione, allora diventa
pure incoerente, seppure in termini quantitativi i numeri sembrino migliorare di
molto. Nel progettare per Unison Research ho inteso implementare tutto questo,
riducendo al minimo fisicamente possibile gli stadi di amplificazione, usando le
valvole per ottenere tutta l’amplificazione
in tensione e limitando non solo il feedback proveniente dall’uscita - che nella
modalità di default non esiste del tutto ma anche quello interstadio. Tutto questo
in un contesto in cui, ovviamente, i parametri di base di distorsione, banda passante e rumore fossero comunque all’altezza della situazione. Unico 150 usa tre
stadi, due a valvole più i mosfet di uscita, e
non richiede nemmeno lo stadio di compensazione termica. Il due stadi cui accennavo prima è in questo senso ancora più
estremo, ma la sua struttura si presta bene
solo per amplificatori di potenza e corrente minori rispetto a Unico 150.
Altro aspetto sul quale ho puntato è la
bontà del layout. Un amplificatore senza
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Unison Research Unico 150
PROVE
feedback è quasi indifeso rispetto ai disturbi e necessita di una accuratezza estrema nello sviluppo del layout e soprattutto
delle piste di massa, che sono “superstellari”: non ci sono sovrapposizioni di correnti nei circuiti di massa, ogni stadio è
connesso indipendentemente allo zero di
riferimento, e quest’ultimo è collocato lontano dall’area di primo filtraggio, ove le
correnti di ripple sono elevate e generano
tensioni apprezzabili anche con elevato
spessore del rame. Unison ha accettato di
buon grado queste scelte, sebbene l’uso
di una motherboard unica e grande quasi
come tutta la superficie interna comporti
un aumento dei costi e complicazioni
nell’assemblaggio. Discorso analogo per i
trasformatori di accoppiamento degli ingressi bilanciati, che per me sono la migliore soluzione in assoluto in materia dato che permettono di attuare non solo una
vera trasmissione bilanciata ma anche l’isolamento galvanico con la sorgente.
Quelli di prestazioni adeguate sono però
molto costosi.
AA: Hai fatto riferimento agli apparecchi del passato e alla progettazione di
quelli moderni. Negli anni c’è stato un
generale miglioramento qualitativo degli amplificatori. Quanto pensi sia merito della simulazione al computer?
FM: Anni fa bisognava seguire le leggi di carattere
generale e poi andare a verificare in pratica i risultati
ottenuti. Allo stato attuale
ciò si può ottenere più rapidamente con la simulazione
al computer. I progetti che
ho realizzato durante la collaborazione con Unison Research, visti anche i tempi
stretti, sono stati tutti prima
simulati e poi realizzati. I risultati reali hanno combaciato in maniera spettacolare con quelli ottenuti al
computer, il che, per un tecnico, è sempre motivo di
soddisfazione. Avendo a disposizione i giusti modelli
ho ottenuto comportamenti divergenti dalle simulazioni per non più del 10 %, abbondantemente entro la
tolleranza dei singoli esemplari di componenti attivi o
di eventuali variazioni della
corrente di riposo.
AA: Secondo la tua opinione le valvole sono una
fissazione audiofila o hanno dei vantaggi nei confronti dello stato solido
nonostante i loro limiti intrinseci?
FM: Le valvole hanno un fascino indiscutibile, nel loro
bagliore sembra quasi di
“vedere” gli elettroni che
transitano. Al di là dell’elemento estetico c’è però
ben altro. Filosoficamente la valvola è un
“acceleratore”, per funzionare estrae e sospinge gli elettroni verso l’anodo, mentre
il transistor opera come un “freno”, si oppone cioè al passaggio delle cariche. Dal
punto di vista tecnico i tubi, nella fattispecie i triodi, sono in generale amplificatori
più lineari e invarianti in frequenza rispetto
ai transistor. Sono per loro natura più coerenti e propensi a distorcere in maniera
“dolce” ed eufonica con un contenuto di
armoniche elevate molto basso, il residuo
che producono varia in maniera molto lenta e graduale. Sotto questo punto di vista
con i circuiti a stato solido è più facile avere
rischi di ottenere risultati “strani” a meno
di non usare soluzioni estreme come la
classe A anche per i finali. I limiti delle valvole affiorano quando vengono impiegate
in modo poco appropriato per cui l’importante è non dedicarle ad impieghi a loro
non adatti, vedi il pilotaggio di carichi
troppo bassi e l’erogazione di correnti
troppo elevate. Allo stesso modo credo
abbia poco senso cercare di progettare altoparlanti molto sensibili per essere pilotati con valvolari di bassa potenza, correndo il rischio di introdurre con gli altoparlanti colorazioni dieci volte più rilevanti di
quelle che il suono valvolare rimuove.
AA: Hai altre idee o progetti che vorresti
Schema elettrico parziale relativo alla sezione finale di Unico 150.
realizzare?
FM: Sono di nuovo impegnato a tempo
pieno con AUDIO
tentissimo, ma di idee nel cassetto ne sono rimaste tante. Magari le porterò sulla
rivista con la collaborazione di Walter
Gentilucci, con cui ci divertiamo a fare cose dai tempi dello Smart Audio Driver.
Tante altre iniziative riguardano il software, a partire dalla nuova versione di AUDIO per Windows. Mi dispiace per chi si
aspettava che fosse già uscito, ma la mia
prima regola è di non pubblicare nulla
della cui completa affidabilità non sia ragionevolmente sicuro.
L’intervista formale si è conclusa qui ma
sono proseguite le nostre abituali divagazioni su temi musicali come la recente esecuzione integrale delle Sinfonie di Beethoven all’Auditorium di Roma o il concerto di
David Gilmour in quel di Firenze.
Il punto di vista di Fabrizio Montanucci è
chiaro e le performance ottenute dall’amplificatore Unico 150 confermano la consistenza delle sue idee. A questo punto mi
rimane un solo dubbio: sulla coerenza è in
netto contrasto con Oscar Wilde ma chissà
se riguardo alla controreazione avrebbero
avuto identità di vedute...
REVIEW e ne sono con-
A. Allegri
AUDIOREVIEW n. 369 novembre 201581
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